Informazioni sul progetto

Il 60% dei neonati a termine e fino all’80% dei neonati pre-termine presenta elevati livelli di bilirubina nel sangue nella prima settimana di vita. Prodotta principalmente nella milza e metabolizzata nel fegato, la bilirubina, qualora in quantitativi superiori ai parametri fisiologici, passa dal sangue agli organi, inclusa la pelle, dove si accumula causando l’ittero. L’ingresso della bilirubina nel cervello può determinare un danno neurologico con conseguenze permanenti (deficit uditivi, motori, e dell’apprendimento) o anche la morte. Tutt’ora l’ittero neonatale severo è la prima causa di re-ospedalizzazione, e la nona causa di morte nei bambini tra i 0 e 6 giorni di vita in Europa, e causa di 1309 morti per 100.000 neonati all’anno a livello mondiale.

Il danno neurologico può essere evitato attraverso una diagnosi e terapia tempestive. La diagnosi si basa sul dosaggio della bilirubina sanguigna, utilizzata per valutare il rischio di sviluppare conseguenze neurologiche secondo le attuali linee guida. La fototerapia (esposizione alla luce blu) costituisce l’approccio clinico primario, ora utilizzata anche in modo aggressivo (profilattico) sebbene non scevra di potenziali effetti collaterali (disidratazione, sbilancio termico, distacco del neonato dalla mamma, periodo di ospedalizzazione più lungo, impatto economico sul SNN).

Le più aggiornate evidenze cliniche indicano tuttavia che i neonati possano andare incontro alla conseguenze più debilitanti dell’ittero neonatale nonostante presentino una bilirubina serica sotto i livelli di rischio. All’altro estremo, il danno può non manifestarsi in neonati soggetti a livelli di bilirubina francamente tossici.

L’ipotesi attualmente più quotata per spiegare tale variabilità chiama in campo fattori genetici individuali di resistenza / sensibilità agli effetti tossici della bilirubina.

Il FIF vuole sviluppare un “Chip diagnostico” che permetta di valutare le caratteristiche genetiche individuali che espongono alcuni bambini ad un maggior rischio di complicazioni da ittero. Si può cosi migliorare le attuali terapie, da un lato riducendo il numero di bambini che vengono allontanati dalla mamma per eseguire la fototerapia, dall’altro fornendo ai dottori uno strumento per individuare subito i neonati particolarmente a rischio.

Per fare questo c'è bisogno di analizzare le variabili genetiche individuali potenzialmente responsabili di una maggiore sensibilità a livelli di bilirubina non eccessivamente elevati, piuttosto che di una maggiore resilienza a livelli di bilirubina francamente tossici per il cervello in un elevato numero di campioni. Una volta individuati, tali geni potranno essere utilizzati per realizzare un test diagnostico (Chip genetica) che permetta di valutare la vulnerabilità specifica di ciascun neonato alla bilirubina. La Chip potrebbe quindi divenire uno strumento chiave per migliorare la diagnosi (inclusione terapeutica dei soggetti che attualmente sfuggono alle linee guida) e la terapia del neonato con ittero neonatale severo (riduzione ai soli soggetti con alto rischio individuale, con conseguente riduzione dei tempi di ospedalizzazione e dell’allentamento mamma-bambino).

Ogni piccola donazione aiuterà il  FIF ad avvicinarsi all'obiettivo.

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