Intervista a Giorgio Graditi, direttore del Dipartimento di Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili dell'ENEA, protagonista della Conferenza del SiS FVG 2022 dedicata agli scenari della transizione energetica.

 

La transizione verso la sostenibilità passa per l’idrogeno verde

Circa due terzi delle emissioni di gas a effetto serra a livello globale sono connessi all’uso di combustibili fossili per la produzione di energia elettrica, dal riscaldamento al trasporto all’industria. Diventa, quindi, fondamentale per il futuro del nostro pianeta attivare un processo di decarbonizzazione, ossia azzerare l’impronta carbonica riducendo il rapporto tra le emissioni di un singolo Paese e la quantità di energia consumata nello stesso arco temporale. In che modo bisogna intervenire per attivare tale processo? Secondo Giorgio Graditi, Direttore del Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili dell’ENEA, va modificato “il modo in cui produciamo e consumiamo energia, riducendo la domanda, attuando un cambio radicale nel mix energetico a favore delle rinnovabili e compensando le residue emissioni di gas a effetto serra  con l’incremento di assorbimenti garantiti dalle superfici forestali”.

 

Bisogna, quindi, agire su più fronti in modo sinergico per poter affrontare le sfide e le opportunità della transizione energetica.

È essenziale fare delle scelte che implicano sfide ambientali, economiche e sociali di ordine globale, sono  scelte difficili e talvolta coraggiose, ma al contempo possono determinare importanti opportunità di crescita e sviluppo competitivo. Si tratta di un processo articolato che non può esser affrontato con risposte individuali su temi specifici, ma che necessita di un approccio sistemico con profondi cambiamenti a livello di politiche, modelli di produzione, uso e consumo, gestione del territorio, e protezione dai rischi naturali. Occorre compiere trasformazioni fondamentali nella tecnologia, nell’industria, negli affari, nella finanza e, in definitiva, nella società nel suo complesso, implementare misure, strumenti e soluzioni per una transizione socialmente equa ed economicamente sostenibile verso un modello energetico e un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici. Sono, inoltre, necessari investimenti in ricerca, sviluppo, innovazione, trasferimento tecnologico e formazione con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, dai cittadini al sistema produttivo alle istituzioni.

 

Nel 2020 la Commissione Europea ha lanciato la strategia europea per l'idrogeno per favorirne ed estenderne l'uso in sostituzione ai combustibili fossili e decarbonizzare la produzione, dando priorità all'idrogeno verde, ossia prodotto da energia rinnovabile. Anche in Italia c’è molta attenzione su questo tema. Ma a che punto siamo?

L'idrogeno verde può svolgere un ruolo chiave per consentire all'Europa di raggiungere la neutralità climatica al 2050, ma è essenziale adottare politiche condivise che permettano di far partire un vero mercato unico, con una governance dinamica che stimoli investimenti, innovazione e l'adozione di standard e regole comuni nei paesi membri. L’Italia potrebbe posizionarsi strategicamente in tutti i settori di riferimento della catena della value chain dell’idrogeno: produzione, logistica e trasporto, usi finali nella mobilità, nell’industria e nel residenziale. La filiera industriale nazionale è pronta a raccogliere la sfida, aumentando i livelli occupazionali e creando prodotti e indotto. Inoltre, il mondo industriale potrà essere supportato da centri di ricerca e università di rilevanza internazionale con competenze in grado di coprire tutti gli aspetti dalla ricerca all’innovazione, dallo sviluppo sperimentale alla dimostrazione. Ciononostante, la maturità tecnologica e la presenza di un’industria pronta a “convertirsi” al nuovo vettore energetico sono condizioni necessarie, ma non sufficienti.

 

C’è la maturità tecnologica, c’è una filiera industriale pronta e ci sono le competenze scientifiche. Cosa manca?

Ci sono alcune barriere che vanno superate, attraverso una serie di azioni: dalla definizione di una strategia/roadmap italiana sull’idrogeno alla costruzione di un quadro legislativo/regolatorio e tecnico/normativo di riferimento chiaro e di facile applicazione, all’attuazione di schemi di incentivazione sulle tecnologie a emissioni zero, guardando alla produzione e alla domanda.

Alcuni passi sono stati già fatti, ma altri sono in divenire. A fine 2021 è stata pubblicata “Strategia Nazionale Idrogeno - Linee Guida Preliminari” per promuovere lo sviluppo di una filiera dell’idrogeno nel nostro Paese. L’impegno previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con 3,6 miliardi di euro di investimenti nell’ambito della mission M2C2 “Energia Rinnovabile, Idrogeno, Reti e Mobilità Sostenibile”, è ulteriore testimonianza del percorso intrapreso per favorire la creazione di un’economia idrogeno nazionale. Sono poi da aggiungere i 13 progetti nazionali pre-notificati in ambito IPCEI idrogeno per investimenti pari ad alcuni miliardi di euro e l’adesione alla “Clean Hydrogen Mission”, lanciata a giugno 2021 nel contesto di Mission Innovation 2.0. L’idrogeno è una “novità” nel nostro sistema energetico e la diffusione e l’utilizzo nei diversi settore e comparti applicativi sarà graduale e richiederà del tempo; tuttavia, anche in considerazione degli attuali scenari di produzione e approvvigionamento energetico, è ragionevole immaginare un cambio di passo per la creazione di un’economia a idrogeno.

 

L’attenzione sull’idrogeno è globale. Quali sono le azioni messe in campo dagli altri Paesi?

Insieme all’European Hydrogen Strategy varata dall’Europa nel luglio 2020, sono numerose le azioni messe in campo dagli Stati Membri. La Francia, per esempio, si è dotata di una strategia nazionale che prevede investimenti per oltre 7 miliardi di euro e si focalizza, in particolare, sullo sviluppo dell'idrogeno “green”, ovvero con basso tenore di carbonio, con un obiettivo di circa 6,5 MW entro il 2030, per evitare sei milioni di tonnellate di CO2. La Germania, invece, sta puntando sul rafforzamento della cooperazione con gli altri Stati dell’Unione Europea, in particolare nell’area del Mare del Nord, del Baltico e dell’Europa meridionale. Per il governo tedesco la priorità è supportare la creazione di un mercato dell'idrogeno verde, lungo l’intera catena del valore, con un adeguato sviluppo infrastrutturale, che preveda anche la riconversione di parte delle infrastrutture del gas inutilizzate. Poi ci sono i paesi del Mare del Nord che hanno dalla loro la possibilità di produrre idrogeno verde dall’elettrolisi che sfrutta l’energia eolica, in buona parte anche con impianti off-shore. Tra questi paesi si fanno avanti la Gran Bretagna, pioniera nello studio dell’idrogeno, e l’Olanda, decisa a diventare l’Hydrogen Valley d’Europa. Oltre all’Europa non sono da meno Stati Uniti, Giappone e Australia con importanti programmi di investimenti sull’idrogeno già avviati da tempo.

È quindi chiara la volontà condivisa a livello mondiale di investire nell’idrogeno come vettore energetico centrale per la decarbonizzazione del sistema energetico.